In anni recenti il mondo dell’equitazione si sta abituando a parlare di etica e quindi della necessità di sviluppare un maggiore senso di rispetto per il cavallo, all’interno delle più varie attività equestri, anche attraverso solide, o presunte tali, basi scientifiche.
I sentimenti che muovono i proponenti di questa evoluzione, a volte sono davvero puri e autentici, ma più spesso sono invece dettati dal dare risposta ad una crescente opinione pubblica di orientamento anti-specista, con il tentativo di rinnovare una facciata, più che dare risposte di reale cambiamento ai cavalli, soprattutto in termini di liberazione dall’equestrocentrismo.
Questo passaggio sostanziale, continua a restare invisibile per molti aspetti e sono molti coloro che, pur spinti da un autentico desiderio di cambiamento dalla parte dei cavalli, cadono nelle lusinghe dell’etica equestre, catturati dal canto delle sirene dell’etologia equestre che, al servizio delle federazioni e delle scuole equestri più che dei cavalli, si presta a questo gioco di maschere e patti di faustiana memoria, lasciando paradossalmente i cavalli ancora di più in ostaggio dell’equitazione, più di quanto lo siano mai stati e rendendo più difficile una loro liberazione dalle catene dell’industria equestre.
Etica equestre non significa quindi etica equina, così come promuovere quell’etologia, sedicente equina ma equestre nei fatti, che fa accordi con l’industria equestre, non significa promuovere una conoscenza dei cavalli, ma migliorarne il loro sfruttamento equestre.
Un cambiamento non può avvenire scopiazzando altrui valori, visioni e contributi, mischiando le carte in tavola, usando un linguaggio ed una terminologia di cui non si è studiato e compreso il reale significato e attraverso un paradigma di cui non si è realmente pieni conoscitori, giusto per differenziarsi dal resto del mondo equestre, ma lasciando per i cavalli le cose esattamente come sono ed anzi peggiorandole.
Un cambiamento sostanziale, che sia ad ampio raggio e quindi di natura culturale, scientifica, filosofica, politica e pratica, richiede prese di posizione chiare e inequivoche, richiede una conoscenza solida dei concetti presi come riferimento e il coraggio di immaginare e contribuire non ad una riforma etica ed etologica del mondo equestre, ma ad una riduzione e progressiva estinzione e trasformazione delle sue attività, sostituite da rinfrescanti ipotesi di conversione in direzione di nuove idee, nuove energie, nuove possibilità e nuove attività, che possano liberare le soggettività equine dagli schiavismi equestri, antichi e moderni, consegnando ai cavalli, ma anche agli umani, quell’animalità perduta che è patrimonio innato condiviso e voce ancestrale che richiama benessere, dignità, qualità di vita e futuro insieme.
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