Pratiche di filosofia non-umanista: una questione anche di benessere animale.

falò non umanismo

Spesso la filosofia, soprattutto quella che parte dal punto di vista animale, viene etichettata come un qualcosa di vago e astratto, incapace di portare un contributo sostanziale nelle pratiche di coesistenza con l’animalità. La domanda successiva ad una riflessione filosofica, che ha anche una sua logica e comprensibilità, suona più o meno sempre così: “si, ma nella pratica?“. La risposta a questa domanda può essere soddisfatta con completezza, solo nel momento in cui chi risponde ha competenze in grado di creare un ponte tra teoria e pratica, vivendo nel quotidiano i contenuti delle sue riflessioni, traducendo nella pratica delle sue attività personali e professionali, quei ragionamenti articolati e quelle riflessioni filosofiche, anche complesse quanto inusuali, di cui si fa portavoce.

Inoltre, parlando di filosofia non-umanista, che da una parte rigetta gran parte delle riflessioni umaniste che nei secoli hanno portato, anche nella pratica, ad un allontanamento degli umani dalla loro animalità, e dall’altra amplifica la prospettiva animale, anche quella che appartiene agli umani ma che spesso viene negata, la traduzione pratica nel lasciare spazio alle domande e al dialogo con il mondo, di cui un animale non solo necessita ma di cui ha piacere nel momento di incontro con le sue proprie riflessioni, acquisisce una valenza importante anche se vogliamo di pratiche di benessere animale.

La filosofia non-umanista, non vista quindi solo come mera contrapposizione alle riflessioni umaniste, ma in quanto prodotto, pratico e non, del pensiero di un cavallo, di un cane, di un orso, di un corvo e anche di un umano che ha saputo preservare la sua non-umanità. In particolare, anche riferendoci a contesti di coesistenza stretta tra umani e non-umani, un animale libero dall’addestramento dei propri pensieri (anche qualora quell’addestramento venga denominato come gentile, etologico ed etico), invece che essere allenato a dare risposte reattive, viene lasciato libero nel suo porre domande cognitive, accede ad un beneficio non solo per la sua mente ma anche per il suo corpo, non essendoci soluzione di continuità tra l’una e l’altra dimensione.

Un cavallo, o un cane, che sia libero di fare le proprie riflessioni non-umaniste, si muove diversamente da un animale che ha subito l’addestramento dei suoi pensieri; egli fa un uso diverso del suo corpo, dei suoi arti, dei suoi muscoli e questo significa preservare o recuperare importanti momenti di benessere psico-fisico, ai quali invece nessun addestramento potrà mai arrivare, ma che anzi svilupperà un malessere animale che verrà antropomorficamente interpretato come benessere.

Quando nel quotidiano, anche nelle convivenze strette, si lascia spazio pratico alle riflessioni non-umaniste, cioè quelle che provengono proprio dall’animalità, e quando lo sguardo umano si libera dei suoi fardelli troppo-umani, allora ogni giorno potrai vedere gli animali, oltre che te stesso, in modo diverso e questo rappresenta tra i più importanti momenti di liberazione e benessere animale.